PM – PensieriMossi
Il blog di Progetto Marconi
Una triste storia d’amore che non finirà sui social
- Categoria: marketing e comunicazione, Notizie
Caro Facebook,
io non so se staremo insieme per sempre. E non so neanche se tra trent’anni sarai ancora vivo (tu eh).
Sarà che in questo periodo ci siamo visti troppo e abbiamo perso l’alchimia dei giorni migliori. Quel romantico mordi e fuggi. Qui invece si mordeva ad ogni piè sospinto, col Covid che ha tolto il comfort della mia casa e mi ha costretto a vivere nella tua. Che chiami Finestra 10, come le ore che ormai passavo lì dentro. Senza mai sentirmi veramente a casa. Solo ospite. Con l’ansia di capire se mai potrò avere di nuovo una casa tutta mia. Dove torni ad essere tu l’ospite.
Il rapporto a distanza era la cosa migliore. La convivenza ha prodotto tutti i limiti di cui non mi ero mai accorto. Perfino le storie che racconti sono diventate monotone, essendo in fondo tutte uguali in questo periodo di lucchetto. E se casa tua diventerà sempre più un AIRBNB dove ospiterai tutti noi ex romantici, avremo sempre meno cose da dire. E ci stancheremo di te più in fretta.
Non che le tue sorelle siano messe meglio, anzi. Almeno, quelle che frequento di più. La tua sorella artista, quello delle foto, una volta era una sorta di scultrice esigente. Uno scatto per ogni momento di vita avvincente. Oggi la crisi di mezza età l’ha resa di bocca buona: uno scatto per ogni momento di vita. C’è una bella differenza. Ma forse ci siamo dimenticati come eravamo felici quando in era analogica venivamo intimati di “vedere le foto di famiglia” o peggio “del matrimonio” degli altri. Tra sfocate, triplicate, macchiate. Forse in giro c’è aria di vendetta.
Per non parlare di tua sorella più grande, quella con gli occhiali, quella tutta professionale e professorina. All’inizio era bello vedere gente in gamba. Anche utile. Anche leggero alla vista. Oggi è un’asfittica sindrome da brodaggio. La litania è: sono perfetto, te lo dico io, mai una cazzatina. Codice etico: Batman o Xena. Se l’autoreferenza fosse una malattia grave, la professorina sarebbe morta già da un paio d’anni.
Ma ahimè se fisso di fronte, vedo sul vetro della finestra 10 un’immagine che conosco. Sono io. Rifletto gli errori per cui mi dolgo. Con la speranza di non farlo più. Ma ho bisogno di spazi nuovi per ricominciare. Oddio mi toccherà uscire col giro della sorellina più piccola?